Micigliano si trova su un colle immerso nel verde proprio sotto il Monte Terminillo (nel versante orientale) e dalla sua posizione domina le Gole dell’alta valle del Velino.
È uno dei borghi più piccoli del Lazio e non si hanno molte notizie riguardo la sua storia. Si dice che sia stato fondato da un gruppo di persone che si rifiutò di partecipare alla formazione della città de L’Aquila e che si rifugiò su un forte posto su una altura.
Le prime notizie documentate dell'esistenza di Micigliano risalgono alla metà del X secolo e si trovano sui registri dell'Abbazia di Farfa.
Per certo, ai suoi arbori la storia del borgo è legate strettamente alle vicende dell’Abbazia di San Quirico e Giulitta, costruita vicino la via Salaria e gestita dai benedettini ma posta alle dirette dipendenze di Roma.
Ai benedettini si deve la riorganizzazione dei territori dopo la caduta dell’impero romano e i monasteri erano centri di cultura e scuola, ma anche centri agricoli con piccoli nuclei abitativi dove si potevano rifugiare le persone durante gli attacchi dei barbari.
La struttura presenta ancora l'antico impianto fortificato: tutto il complesso è cinto da mura e il possente campanile fungeva anche da torre di avvistamento.
L'importanza dell'abbazia è attestata dalla documentazione storica sui suoi numerosi possedimenti e, nella contesa fra papato e impero, si schiera con l’impero tanto che nel 1229 Federico II occupò i territori per metterli sotto il suo controllo. Con la sconfitta degli eredi di Federico II e l’arrivo degli Angioini, l’abbazia subì un certo declino per poi essere abbandonata nel XVII secolo.
Nel frattempo crebbe di importanza il borgo di Micigliano il cui castello iniziale era diventato un centro abitato fortificato al cui interno si trovava la chiesa parrocchiale di San Biagio.
Il borgo non ebbe mai un ruolo di rilievo e seguì le sorti dei paesi limitrofi e fu dato in feudo a diverse famiglie tra i quali gli Orsini e i Colonna fino a quando venne incluso nel Regno di Napoli.
Con l’unità d’Italia si segnalano diversi fenomeni di brigantaggio, grazie ai rifugi di montagna, ma anche l’inizio di una ondata di emigrazione che porta molti abitanti a lasciare il paese.
Da segnalare un mulino ad acqua, in perfetto stato, dal quale partono poi sentieri che arrivano ai rifugi di montagna per passeggiate a piedi o a cavallo totalmente immersi nella natura.
Da gustare i famosi tartufi di montagna, le castagne coltivate nei boschi e una particolare birra alla castagna.
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