Nove è un borgo veneto di pianura sulle rive del fiume Brenta, non lontano dal Monte Grappa e dall’Altopiano di Asiago. E va ricordato che il fiume si chiama al femminile ‘la Brenta’.
La sua vita è legata a quella del fiume e il suo stesso nome viene da Terrae Novae dopo che il Brenta cambiò il suo corso durante le sue numerose esondazioni (le Brentane), e in particolare dopo la grande piena del 589 d.C.
Il fiume per secoli ha dato forza motrice ai numerosi mulini della zona, che hanno permesso attività artigianali, e ha portato i banchi di argilla che hanno fatto nascere una delle più fiorenti industrie della ceramica in Italia.
Dopo la caduta dell’impero romano, la zona è stata attraversata da numerosi eserciti barbari alla conquista di Roma ed è significativo il passaggio degli Unni nell’899, ai quali si deve anche la nascita di Venezia da parte di chi cercò nella laguna un rifugio dalla loro violenza.
Gli Unni dovevano attraversare il Brenta e si scontrarono con Berengario I del Friuli, imperatore del Sacro Romano Impero, nella zona fra Nove e Cartigliano che per anni si è chiamata proprio ‘Vadus Ungherorum’, ossia il posto dove gli Ungheresi traghettarono il fiume.
L’area che aveva liberato il Brenta modificando il suo passaggio rientrò nei possedimenti di Marostica che, a sua volta, era collegata prima con Vicenza, poi con i Dalla Scala di Verona ed infine con i Visconti di Milano.
I primi insediamenti sembrano risalire al 1300 e si trattava di piccole abitazioni contadine.
Nel 1404, Marostica e il piccolo borgo di Nove, che nel frattempo si era formato, entrarono a far parte del territorio della Repubblica di Venezia dove rimasero sino alla sua fine.
La prima pietra della chiesa di San Pietro Apostolo è stata posta nel 1449, ad indicazione che la comunità era cresciuta anche se non era ancora in grado di mantenere un prete fisso.
La peste del 1501 portò ancora più miseria e seminò morte in tutta la zona.
Nel 1602 Nove ottenne la separazione da Marostica e a questo periodo risale la costruzione del campanile. Ma questa indipendenza durò poco e nel 1633 i due paesi tornarono sotto una sola amministrazione.
Nel 1630 vi fu una seconda peste che stranamente non colpì Nove nonostante causò molti morti e carestia nella vicina Bassano del Grappa.
La situazione economica di Nove migliorò con i primi insediamenti artigianali e nel 1655 fu riedificata la chiesa che poi, nel 1700, venne impreziosita da un organo.
Finalmente, nel 1706, Nove ottenne l’indipendenza da Marostica e divenne un comune. Le piene del Brenta non sono mai cessate e ai primi del Settecento si documentano situazioni in cui si era stati costretti ad andare in chiesa usando la barca.
L’economia aveva un suo punto di eccellenza nella produzione della seta, ma la vera svolta nella vita di Nove è iniziata nel 1727 con la produzione della ceramica e la prima industria è stata quella della famiglia Antonibon. Nel 1752 Pasquale Antonibon ottenne un contratto con la Serenissima e una esenzione fiscale ventennale che, unita alla forza motrice data dal fiume, alla presenza di argilla e all’arrivo di legna dai boschi per alimentare i forni, gli permise di dare l’avvio a quello che sarebbe stato per secoli il motore di Nove: l’industria della ceramica.
Venezia concesse l’esenzione fiscale per stimolare l’innovazione e competere con la moda delle porcellane cinesi che stava invadendo l’Europa e togliendo fette di mercato.
Le ceramiche di Nove raggiunsero un altissimo livello e vennero esportate dalla Germania alla Turchia.
Nel 1796 l’arrivo di Napoleone portò ad uno degli episodi più cruenti della storia di Nove. Il generale prese parte personalmente alla battaglia fra Francesi e Austriaci nella Campagna d’Italia e fu sconfitto nella Battaglia del Brenta proprio a Nove.
Questa sconfitta si ritrova nella tradizione dei ‘cuchi’, dei fischietti in ceramica a cui inizialmente veniva data la forma di comandante francese in modo beffardo.
Nel 1797 Napoleone però pose fine alla Repubblica di Venezia e l’area entrò poi a far parte dell’Impero Austriaco. Con la caduta di Venezia venne a mancare il principale sbocco commerciale delle industrie di Nove che hanno affrontato la loro prima trasformazione verso la modernità. Ha inizio una produzione di ceramiche di terraglia più economiche ma destinate ad un vasto pubblico popolare che stava crescendo e richiedeva decori di tipo diverso.
Agli inizi dell’Ottocento, per l’ultima volta, venne rimodernata la chiesa che ha assunto gli attuali caratteri neoclassici, mentre il nuovo campanile alto oltre 70 metri sarà inaugurato ai primi del Novecento.
Nel 1866 il Veneto entrò nel Regno d’Italia e poco dopo nasce la scuola d’arte, che doveva supportare l’innovazione delle imprese della ceramica, grazie al lascito dello scultore Giuseppe De Fabris.
La prima guerra mondiale ha portato molta rovina nel Veneto e anche Nove ha visto molti suoi cittadini lasciare l’Italia in cerca di fortuna soprattutto nelle Americhe del Sud e del Nord.
Nel 1968 è stato inaugurato il fiume sulla Brenta che collega Nove con Cartigliano e che ha posto fine al lavoro dei traghettatori.
Nel 1995 è stato inaugurato il Museo della Ceramica che racconta la storia delle produzioni di Nove e in cui si trova un vaso di Pablo Picasso. Tutte le produzioni artistiche di Nove si possono ammirare nella manifestazione Portoni Aperti a settembre.
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