La storia della macchina di Santa Rosa di Viterbo, un patrimonio immateriale UNESCO

La storia della macchina di Santa Rosa di Viterbo, un patrimonio immateriale UNESCO

Volete capire cosa significa patrimonio immateriale dell’UNESCO? Allora venite il 3 settembre a Viterbo per assistere alla Festa di Santa Rosa, la patrona di Viterbo.

Ci sono tante feste patronali in Italia che meritano di essere viste, quelle in Sicilia che durano 9 giorni o quelle in Campania con le luminarie che sono vere espressioni artistiche, ma quella di Viterbo va oltre.

Una ‘macchina’ (baldacchino), alta oltre 30 metri e dal peso di 5.100 kg con la statua sulla cima, che va in giro per la città portata da un centinaio di “Facchini di Santa Rosa” in una processione che è iniziata nel 1258.

Le urla e gli incitamenti della folla, l’odore della fatica che si sparge nell’aria e lo stupore quando si vede questa macchina che passa a mala pena per alcune vie del paese con le sue luci, la sua arte e il suo misticismo. Vie oscurate e illuminate solo dalle luci della macchina.

Santa Rosa è stata una santa locale morta molto giovane (1233-1251). E sin da quando era bambina si era dedicata al sollievo delle truppe del papato nella sua lotta contro l’impero e Federico II.

Si era fatta suora nell’ordine francescano ed era stata costretta all’esilio da Viterbo fino alla morte di Federico II. La sua morte è avvenuta per una malformazione congenita al cuore, come appurato da una autopsia recente sul corpo imbalsamato.

In realtà Rosa è ancora una Beata e non è stata dichiarata ufficialmente santa dal papa, ma per i viterbesi è come se fosse la santa più importante del mondo. Una santa che è molto conosciuta in Spagna e nelle Americhe latine grazie alla tappa della via Francigena a Viterbo che l’ha fatta apprezzare come la ‘Doncela’ o la ‘Santa Nina’.

Ogni anno la processione del 3 settembre rende gloria al giorno in cui il corpo della santa venne traslato dal cimitero in cui si trovava fino all’attuale santuario di Santa Croce. Era stato un sogno che aveva spinto papa Alessandro IV (nato a Jenne) ad ordinare lo spostamento della santa in un luogo più significativo.

E il trasporto della salma avvenne con una solenne processione che è quella che si ripete ogni anno: stesso percorso, persone diverse e un crescendo di emozioni.

[caption id="attachment_64774" align="center-block" width="640"] Foto di Giulia Venanzi[/caption]

Per alcuni anni la festa ha assunto un carattere simile alle altre ma da quando nel 1657 Viterbo scampò alla peste volle ringraziare la santa in modo particolare con un baldacchino. La prima testimonianza scritta con un primo disegno di una macchina risale al 1690 e la festa ha assunto un crescendo di festosità e fastosità fino ad arrivare alla magnificenza attuale.

D’altra parte siamo nel periodo delle feste barocche e non poteva essere diversamente: la gioia andava comunicata in modo sempre più appariscente per muovere le persone allo stupore. Uno stupore del mondo, della vita e anche del papa.

Uno stupore rinnovato ogni volta grazie all’arte e infatti le macchine vengono cambiate ogni 5 anni con un concorso artistico in cui possono competere tutti.

La Processione di Santa Rosa

Tutto ha inizio con i Facchini vestiti di bianco con una fascia rossa che si recano a trovare le autorità e poi compiono il rito delle sette chiese del centro per poi tornare al convento dei Cappuccini. Il bianco della veste ricorda la purezza mentre il rosso richiama i cardinali che erano presenti alla traslazione del corpo della santa.

La processione inizia alle 8 di sera e la città è illuminata solo dalle luci della macchina (alcune elettriche ma moltissime di candele) mentre la banda musicale suona l’inno di Santa Rosa.

I Facchini si recano alla Chiesa di San Sisto dove il vescovo li benedice con la formula ‘in articulo mortis’ con la quale li protegge da eventuali incidenti.

[caption id="attachment_64804" align="center-block" width="960"] Foto di Bruno Pagnanelli[/caption]

La macchina si trova proprio vicino la chiesa di San Sisto, dove era stata assemblata nei mesi precedenti sotto una struttura temporanea.

Il percorso è lungo 1200 metri e prevede cinque soste durante le quali la macchina viene appoggiata su cavalletti. Termina davanti al Santuario di Santa Rosa dopo un ultimo tratto in salita in cui i Facchini vengono aiutati da corde e da leve che spingono la macchina da dietro.

Nei giorni precedenti vengono fatte 3 mini-processioni con mini-macchine destinate ai bambini che in questo modo prendono confidenza con le tradizioni del loro paese.

Forse il miracolo più grande di Santa Rosa è proprio quello di esser stata capace di suscitare un sentimento così forte che ha retto al passare dei secoli e che ancora oggi muove le emozioni delle persone.
 


Scritto da
Claudia Bettiol

Ingegnere, futurista e fondatrice di Discoverplaces. Consulente per lo Sviluppo Turistico dei Territori, specializzato nella sostenibilità e nella promozione culturale dei piccoli territori e delle...

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