Anagni, la città dei Papi e dello Schiaffo dato a papa Bonifacio VIII, racchiude molti tesori di archeologia e di arte.
È stata una delle sedi pontificie, centro della politica europea fra il XII e il XIII secolo e in questo periodo è diventata una delle città più ricche.
L’edificio sacro più importante è la Cattedrale di Santa Maria Annunziata, contornata da una serie di palazzi medioevali in cui soggiornava la corte e tutti i notabili.
La dimora più emergente e significativa dal punto di vista politico e militare è il Palazzo Bonifacio VIII già residenza di Gregorio IX e Innocenzo IV, che conserva le sale famose delle Oche e dello Schiaffo, e parti nascoste, ma incredibilmente speciali nella sua ala più recente.
Nel 1764 il palazzo è stato unito al monastero delle Suore Cistercensi della Carità, eretto dall’anagnina Claudia De Angelis agli inizi del XVIII secolo e che, con il tempo, è diventato un grandioso isolato. Il processo di canonizzazione di Suor Claudia De Angelis è in corso.
Il monastero ha una sua chiesa nata dalla trasformazione di un precedente oratorio medioevale intitolato ai SS. Cosma e Damiano. La chiesa è un gioiello del barocco ma vi si può trovare traccia di frammenti delle precedenti pavimentazioni cosmatesche, rimontate dal 1737 vicino l’altare maggiore.
Nel Settecentesco la chiesa viene dedicata ai Santi Cosma e Damiano e all’Immacolata Concezione, cosicché alla venerazione per i santi medici del corpo, le figlie di Claudia aggiungono quella per Maria curatrice della salute delle anime.
Se si scende al piano terra del complesso, si entra in una sala unica dove incastonate nelle pareti si conserva la più antica e cospicua collezione di iscrizioni urbane, che completano il significato storico e spirituale dell’Opera di Claudia De Angelis.
Sono 80 epigrafi, che provengono per la maggior parte dalle catacombe romane di San Callisto e di Pretestato, ma anche da altri cimiteri cristiani lungo le vie Appia, Latina, Ardeatina, Salaria.
Sono scritte in greco o in latino, oppure anepigrafi (cioè senza titolo), le lastre della collezione mostrano tutti i simboli paleocristiani ricorrenti: il cristogramma, la figura dell’orante, il pesce, la pecora, la barca, l’albero, la colomba, il vaso, l’uva, il ramo di palma e Noè.
Una delle più preziose per il valore documentario e per gli aspetti iconografici è la lastra con la scena della Traditio Legis, che è databile al 380 d.C., e che riproduce su un unico registro la grande decorazione absidale della Basilica di San Pietro in Vaticano quando era ancora un edificio costantiniano.
Si vede in primo piano un Gesù su un monte con ai lati San Pietro e San Paolo. Due gruppi di agnelli e due grandi palme chiudono l’immagine ai lati.
Le epigrafi sono state portate ad Anagni e catalogate con grande dovizia di particolari nel Settecento da Marc’Antonio Boldetti e Giovanni Marangoni. Entrambi erano Custodi delle Sagre Reliquie e perciò soprintendenti alle Catacombe di Roma. Sono stati anche tra i maggiori sostenitori della comunità di maestre raccolte intorno a Claudia De Angelis e consacrate alla Scuola della Carità per l’istruzione femminile.
Essi dotarono il monastero di innumerevoli reliquie e delle lapidi, perché diventasse un luogo di santità e possedesse i segni tangibili del culto e del martirio dei primi cristiani. Un modo di provare il valore dell’azione del monastero anche attraverso questa collezione particolare nel suo genere.
Le iscrizioni originariamente erano poste nel pavimento o ai lati dell’altare della chiesa del monastero. Furono poi spostate nella sala attuale prima del 1908, quando il Vescovo Antonino Sardi rifece la pavimentazione ed altri lavori.
Sono rimasti invece nella chiesa gli innumerevoli vasi reliquiari, posti dentro agli sportelli di legno alle pareti. Ed il ricordo del particolare nesso con il culto dei SS. Martiri è rintracciabile anche nell’architettura stessa dell’edificio.
La pianta centrale, infatti, è tipica dei santuari dedicati alla venerazione dei martiri e delle chiese cimiteriali ed anche la nostra chiesa aveva un cimitero sotto il pavimento dove venivano sepolte le figlie spirituali di Claudia fino ad oltre la metà dell’Ottocento.
Questo cimitero è stato scavato nell’arenaria, la roccia tipica di Anagni, dal 1737, esattamente come se fosse una catacomba, e presenta una pianta a forma di croce, cosicché la chiesa soprastante risulta architettonicamente e teologicamente fondata sulla croce.
All’incrocio tra il braccio verticale e quello orizzontale si trova un più antico pozzo a campana, che raccoglie acqua pura e potabile dalla falda più profonda, mentre altre iscrizioni antiche sono state depositate alle pareti del corridoio centrale.
Una visita ad Anagni sorprende sempre ed è una città dove si deve tornare per poter andare ogni volta ad un livello diverso di conoscenza della nostra storia.
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