Annibale Izzo e Claudia Bettiol

Sappiamo tutti che il digitale ha cambiato il nostro modo di pensare, che la nostra soglia di attenzione si è drammaticamente abbassata e che non vediamo video più lunghi di qualche minuto.
Ecco, forse la strepitosa rassegna di monologhi al Teatro Fara Nume di Ostia la potremo definire come la ‘digitalizzazione del teatro’. Gli attori, che competevano per il Premio Monologhi organizzato dalla FITA Lazio, avevano 8 minuti al massimo per poter andare in scena con un monologo, ma la maggior parte è stata più breve.
Il premio è stato ideato 8 anni fa da Annibale Izzo, il direttore artistico che gestisce una compagnia teatrale a Tarquinia, che mi ha tormentato di telefonate per essere sicuro che l’organizzazione fosse impeccabile: “per una compagnia teatrale spostarsi è complesso e costoso, però con amici sentivamo il bisogno di confrontarci sul palcoscenico: allora è nata l’idea del monologo. È più semplice organizzare il viaggio di un singolo attore e i tempi brevi di recitazione permettono veramente di farci vivere momenti di confronto intensi in grado di solleticare l’attenzione dello spettatore”.
Ed io ho avuto la fortuna di essere stata prescelta come giudice nella competizione nazionale, e credo sia stata una delle emozioni più intense della mia vita di spettatore e commentatore teatrale.
"Polifemo" Salvatore Belardo

La maratona è stata lunga, come giuria siamo arrivati alle 4 del pomeriggio, ma lo spettacolo è andato avanti dalle 5 fino alle 11 con una breve sosta per il buffet della cena.
21 monologhi con attori provenienti da 11 regioni. Gli attori hanno scelto brani tratti dai classici ma anche soggetti originali, a cui è stato dedicato un premio a parte.
E tra i soggetti originali alcuni si sono distinti per le emozioni che hanno trasmesso al pubblico raccontando storie in qualche modo connesse alla loro vita. Come quella di ‘Posso’ di Chiara Maccioni sul suicidio di un ragazzo o di ‘Che il mandorlo fiorisca’ di Vincenzo Catanzaro dedicato ad una donna a cui era stato ammazzato il marito.
Il monologo ‘Armida’ di Caterina Tattoli mi è arrivato al cuore, poi mi ha toccato la pancia e poi mi ha stordita, perché la gioiosa storia di una vecchietta messa in un ospizio ma che ancora ama la vita e ha voglia si sposarsi mi ha ricordato tante emozioni personali. Alla fine della serata sono andata a ringraziarla.
Altre storie sono state una delizia per l’intelletto. Devo personalmente dire che quando ho sentito la storia de ‘Impiegato del mese’ e ho visto il modo in cui è stato rappresentato da Lorenzo Bonaccorsi, mi sono ritrovata da ragazza al Teatro Argentina a vedere un classico racconto russo. Il ritmo, il soggetto e l’interpretazione mi hanno riportato con piacere indietro nel tempo.
Altre sono state semplicemente uno spasso come la storia ‘Donne di Morte’ interpretata da Rita Caterina Mattacchini che si è presentata come una vedova inconsolabile e poi, in un crescendo di risate, si è scoperta essere l’assassina del marito. Questo monologo ha vinto anche il premio della giuria dei giovani.
‘Donne di Morte’ con Rita Caterina Mattacchini

Sono rimasta intrigata anche dalla storia raccontata da prospettive impossibili: come quelle raccontate in prima persona da Polifemo (interpretato da Salvatore Belardo), da Penelope (interpretata da Serena Carrara) o da Desdemona (interpretata da Maria Grazia Toppi) che ci hanno sorpreso con il lor punto di vista inedito. E devo sottolineare che la scelta di usare il dialetto per interpretare queste parti ha dato un tocco di sano surrealismo che mi piace tanto.
Due attrici hanno scelto la ‘Madonna delle Rose’, il famoso monologo tratto da Filumena Marturano di Eduardo de Filippo e ne hanno dato due versioni diverse: Maddalena de Marco era vestita di tutto punto e recitava con orgoglio, Ornella Sansalone era in vestaglia e recitava in modo quasi introspettivo. Una differenza incredibile di emozioni dallo stesso testo e ognuna di noi si è ritrovata nello spirito che le assomigliava di più.
Il premio come miglior allestimento è andato al monologo della giovanissima Nadia Marsano, una bravissima bambina di soli 11 anni con il monologo ‘Una carezza di sole’ dedicato ai nonni.
Il primo premio è andato a Calogera Abbene con il monologo ‘che il mandorlo fiorisca’. Calogera è di Sciacca e a premiarla è stato il presidente di FITA nazionale che è siciliano: sarà la storia trattata, sarà la vicinanza geografica, ma le lagrime non sono mancate.
Bravissima la presentatrice Cristina Valeri e soprattutto il padrone di casa Andrea Serafini che ha intrattenuto il pubblico con un concerto durante il lavoro della giuria. Praticamente il tempo è volato mentre Andrea, che insegna a Santa Cecilia, accompagnava la bravissima giovane soprano Sofia d’Annibale.
Non vedo l’ora che arrivi la prossima edizione!
"Desdemona" con Maria Grazia Toppi

Calogera Abbene


Andrea Serafini Sofia d'Annibale

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