Ci sono delle storie che sono scritte nel destino delle persone e che non possono essere evitate. Quando le storie sono belle, allora diventano veramente come un sogno che si realizza.
Una di queste storie è quella che lega la famiglia Teofilatto al castello di Torre Cajetani, uno splendido piccolo borgo vicino Fiuggi, che deve il suo nome alla famiglia di Bonifacio VIII che in questo luogo aveva scelto di avere una delle sue residenze. La famosa acqua di Fiuggi ha qui una sua sorgente che veniva usata proprio dal pontefice per curare il suo ‘male della pietra’.
La storia inizia, ma forse potremo anche dire ‘riparte’ nel 1944, quando un soldato passa nei dintorni del castello e ne rimane incantato. In cuor suo pensa: “un giorno lo difenderò!”.
Il castello è allora molto grande, ma in parte rovinato da un violento terremoto agli inizi del secolo che ne aveva distrutto varie parti. L’incuria del genio civile che aveva demolito le mura pericolanti, e dei cittadini che avevano utilizzato le pietre per la costruzione delle loro case, aveva completato l’opera di degrado.
Ma quel soldato non riusciva a dimenticarsi del castello e nel 1958 ne entra in possesso.
Era Achille Teofilatto e per uno strano destino la sua famiglia era già stata proprietaria del castello dal IX secolo fino al XII quando subentrano varie famiglie nobili di Alatri ed Anagni, in un periodo storico in cui non si hanno molte notizie.
Di certo la famiglia Teofilatto appartiene a quel ristretto numero di famiglie nobiliari con oltre mille anni di storia. Anche se i loro titoli nobiliari non affondano al feudalesimo ma sono ancora precedenti, al periodo in cui le persone si dividevano in patrizi, plebei e sacerdoti.
Ma chi erano i Teofilatto e cosa ci facevano a Torre Cajetani nel IX secolo?
Teofilatto era un potente patrizio romano appartenente al gruppo degli Optimates (una sorta di senatori) presenti nel governo di Roma fino all’XI secolo.
Erano ricchi latifondisti, ecclesiasti e alti funzionari. Il suo nome compare per la prima volta nel 901 con il titolo di Judex Palatinus su una disputa che coinvolgeva l’imperatore Ludovico III di Provenza. Segno che la famiglia Teofilatto con il loro palazzo in Via Lata vicino al Quirinale aveva già un ruolo di rilievo nell’aristocrazia romana.
Nel 904 è fra i sostenitori dell’elezione di un suo parente al ruolo di papa con il nome di Sergio III e ottiene il ruolo di Magister Militum (ossia generale dell’esercito), di Vestatarius, custode dei tesori del palazzo, di Dux glorioso e di Senatore dei Romani.
In questo modo Teofilatto divenne il capo assoluto di Roma con un potere superiore a quello del papa stesso e, quindi, uno degli uomini più ricchi e influenti dell’occidente di allora.
È lui che supporta Papa Giovanni X a stringere accordi con i potentati longobardi, bizantini, presenti in centro Italia, un’alleanza che sconfigge nel 1015 i Saraceni insediatisi lungo le sponde del Garigliano e che saccheggiavano periodicamente la città di Roma e i litorali.
Il suo ‘regno’ durò una ventina d’anni fino alla sua morte, a cui seguirono quelli di suo nipote Alberico II, Princeps Omnium Romanorum, dal 932 al 954.
Con Alberico II Il potere della famiglia si espande con il controllo di vaste zone del Lazio per combattere i Saraceni e per questo si consolida a Veroli, si allarga al castello di Torre Cajetani, che allora doveva essere più simile ad un castrum, ossia ad una torre di vedetta con una fortificazione di protezione intorno.
E’ il momento di massimo splendore dei Teofilatto, che annoverano vari papi in famiglia (Sergio III, Giovanni XI e Giovanni XII), che continuano ad essere presenti sul soglio pontificio con la discendenza diretta nei Conti di Tuscolo (Benedetto VIII, Giovanni XIX e Benedetto IX).
Ad un certo punto le vicende della famiglia Teofilatto si complicano a Roma e dintorni. Uno dei figli di Alberico II, Gregorio I, forma il ramo dei Conti di Tuscolo, che si trasferisce nella fortezza situata sui Colli Albani.
Ma la Famiglia resta coinvolta nelle lotte fra papato ed impero e dopo la distruzione della fortezza di Tuscolo nel 1191 deve rifugiarsi nelle proprietà di provincia, zone di transito tra centro e sud Italia, e probabilmente proprio a Torre Cajetani.
Il forte legame fra i Teofilatto e questo castello nonché con i centri fortificati di Gavignano e di Veroli trova origine proprio in questo periodo, ma la separazione avviene già nel XII secolo quando subentrano i nobili di Alatri, di Anagni, di Segni…
Il resto della storia è noto: arriva il feudalesimo e queste aree passano dai Caetani ai Colonna, se ne impadroniscono i Borgia e poi tornano ai Caetani. Una storia di realtà locali collegata nei secoli ai Saraceni, al potere temporale della Chiesa, al fenomeno dell’incastellamento, del controllo del territorio, all’amministrazione di tasse e giustizia.
Eppure, nel 1944, un soldato, un vero antico guerriero, improvvisamente riporta tutto questo alla luce e da allora le nuove generazioni dei Teofilatto si prendono cura con amore di questo castello dove i loro antenati si erano rifugiati dopo aver vinto gli invasori Saraceni
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