L’orologio a sei ore di Canepina e la storia dell’ora italica o romana

L’orologio a sei ore di Canepina e la storia dell’ora italica o romana

L’orologio a sei ore di Canepina è sempre lì, da anni, da secoli! E nessuno più se ne accorge.

Da quando non funziona, nessuno più lo degna di uno sguardo, nessuno più lo nota! Qualcuno, pur passandogli sotto da anni, non sa neppure della sua esistenza! Eppure è lì, sopra la porta d’ingresso del Salone Del Quarto Stato, all’interno del Museo Delle Tradizioni Popolari di Canepina, un tempo, già dal 1600, Convento dei Carmelitani.

È un tondo in gesso, credo, incollato sulla parete come un rosone, al centro di esso un piccolo mascherone con le guance gonfie, la bocca semiaperta, da dove entravano, probabilmente, i collegamenti delle lancette con il meccanismo interno (lancette che non ho mai visto) e intorno dei numeri romani intervallati da segni di piccole croci.

Tutto ciò, non ha mai suscitato la curiosità di nessuno; i numeri poi, figuriamoci! Non c’è orologio al mondo in cui i numeri non esprimano le più strane fantasie!

Si è arrivati a mettere anche solo dei puntini al posto loro, tanta è l’abitudine di conoscere l’ora dalla sola posizione delle lancette. Così, anche se ogni tanto qualche sguardo lo sorvola, non ci si fa più caso, fa parte dell’arredo.

È capitato, però, che un amico, un giorno, mi ha portato lì sotto e indicandomi sopra la porta mi ha chiesto: “sai cos’è?”. Un orologio!” ho risposto io con la naturalezza di chi lo ha sempre saputo. “No! - dice lui- è la rosa dei venti!”. Rimango un po’ perplesso. L’amico tenta di convincermi, dicendo:

“io ero presente quando hanno fatto i lavori di ristrutturazione, quando hanno rifatto anche il tetto. Dietro la parete, incassata nel muro, c’era la cassetta con il meccanismo, tutto di legno, anche le ruote dentate erano di legno ed un tubo partiva dal meccanismo ed arrivava sopra al tetto, dove, - lui dice - ci doveva essere una banderuola che segnalava la direzione dei venti”.

Questo meccanismo ora dov’è?” gli chiedo io.

Dovevi vederlo, era tutto tarlato, come lo hanno toccato è andato tutto in frantumi!” – mi risponde. Poi, come per volermi meglio convincere, l’amico continua: “Hai visto i numeri nel tondo? Sono solo fino a sei!”

Accidenti, non me ne ero mai accorto! E se era un orologio i numeri, almeno, dovevano essere al posto loro! Invece, al posto del dodici c’è il sei e al posto del sei c’è il tre, ma allora?

Per un momento mi metto a pensare, poi afferro un’idea e dico all’amico: “Senti vorrei darti ragione, ma ciò che non mi convince sono proprio i numeri: se fosse veramente la rosa dei venti, per quel che so, dovrebbe avere un multiplo di quattro e dunque il sei non comparirebbe mai”.

Questa mia osservazione deve aver fatto breccia nelle sue convinzioni e per un po’ siamo rimasti senza parole, poi sono stato io a rompere gli indugi dicendo: “va bene, farò una ricerca, mi documenterò e ti farò sapere”.

Incomincio la ricerca sulla rosa dei venti, visto che per natura, per struttura mentale vorrei dire, cerco sempre prima la ragione dell’altro e poi la mia. Mi accorgo subito che non è quella la strada da seguire e allora, come fanno adesso tanti, chiusi fra le mura di casa (che si mettono a scrivere delle stupidaggini su un motore di ricerca del computer per vedere cosa succede) anch’io mi sono guardato intorno, perché nessuno mi vedesse, e ho scritto su Google, “orologio a sei ore”.

Perbacco! Devo avere azzeccato le parole giuste! Perché mi si sono aperte tante di quelle pagine, che non sapevo da quale incominciare. Alla fine tutto mi si è chiarito!

Si tratta effettivamente dell’orologio a sei ore, meglio conosciuto come orologio, ore italiche – ore romane: romane perché diffuso soprattutto a Roma e nell’ambito religioso del Lazio.

La sua funzione era quella di indicare, con il suono delle campane (ecco perché il tubo che portava al tetto) le antiche ore italiche, adottate soprattutto dalla Chiesa verso la fine del XIII secolo.

Nelle ore italiche (dal 1200 al 1800) la misurazione del tempo iniziava, anziché dalla mezzanotte come ora, dall’Ave Maria della sera alla fine del crepuscolo, cioè circa mezz’ora dopo il tramonto del sole.

Al tramonto di ogni giorno iniziava il conteggio e il compimento della ventiquattresima ora avveniva al tramonto del giorno successivo, secondo un’antica tradizione biblica. Con il tramonto finiva un giorno e ne iniziava un altro, la notte apparteneva interamente al giorno successivo.

L'unica lancetta presente nell'orologio a sei ore percorre quattro giri completi per coprire le 24 ore, dunque ogni numero cambia quattro volte la sua valenza. A tale proposito vi propongo un quiz: alle attuali 22 che ora era? io dico le quattro e Voi? e le 15 che ora era?

Il modo di dire "portare il cappello sulle ventitrè" trae origine proprio dalle ore italiche: di solito si mette il cappello con la visiera inclinata sulla fronte, al tramonto, per riparare gli occhi dai raggi del sole basso sull'orizzonte, quando appunto questo orologio segna le ventitrè.

Parallelamente alle ore italiche, nel resto d’Europa le ore equinoziali venivano suddivise, come ai nostri giorni, in due gruppi di 12, facendo partire il conteggio dalla mezzanotte. In Italia questo metodo prese il nome di ora oltremontana (o Francese, o Tedesca), cioè delle genti che abitano aldilà dei monti (le Alpi).

Alla fine del 1700, nei territori italiani occupati da Napoleone Bonaparte, venne imposto l’uso dell’Ora Francese.

Lo Stato Pontificio, una volta allontanati i francesi, tentò di ripristinare l’antica misurazione del tempo, secondo le ore italiche, ma fu costretto a rinunciarvi, adottando a sua volta quello che era ormai divenuto un metodo di conteggio universale. In alcuni casi, si conservò il quadrante alla romana generando ulteriore confusione nella popolazione.

Tra i più famosi, l’orologio della torre in Piazza S. Marco a Venezia.

Dunque, si è scoperto così di avere testimonianza a Canepina dell’antico orologio a sei ore, (ore italiche o romane).


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