L’accoglienza ai viaggiatori e ai turisti le fanno le persone, così quando giro cerco sempre di parlare con le persone del posto e farmi coinvolgere dalle loro storie. E non sono mai rimasta delusa!
Così quando sono andata a Ciciliano per il progetto del Town Ambassador con Alessia Pieretti, consigliere dell’Area Metropolitana di Roma Capitale, sono entrata in tutte le botteghe del centro storico c’è solo la Macelleria di Roberto de Luca (Leggi anche) e poi ho chiesto al sindaco Massimiliano Calore di indicarmi dove mangiare.
“Al centro storico puoi fare una esperienza di musica e cucina romano-argentina-napoletana. Tamurriata e fettuccine”, mi dice Massimiliano. Mi incuriosisce molto, anche perché quando arriva qualche amico dall’estero a trovarmi lo porto sempre alla Taverna del Barone a Fumone, dove i camerieri suonano la fisarmonica e cantano. Successo sicuro, chissà se ho una alternativa nella Valle dell’Aniene!
A pochi passi dal centro storico, proprio sotto la chiesa di Santa Liberata, retta da monaci libanesi dell’ordine maronita, mi trovo davanti la bella costruzione in pietra di ‘Grano in mano’ mentre sullo sfondo la bellezza imponente del castello Theodoli ci osserva.
Ci accolgono Lorenzo de Girolamo e Mariana Carolina Scigliano, napoletano lui ed argentina lei. Una bandiera dell’Argentina ma soprattutto una esposizione di quadri d’autore e due grandi opere di cui non riesco a definire la tecnica.
“Sono opere realizzate con intonaco fotosintetico, la prima con un negativo e la seconda direttamente con la luce del sole“, mi racconta Lorenzo con orgoglio. “La mia famiglia a Napoli faceva fotografie d’arte da generazioni, poi è arrivata la fotografia digitale e mio padre è entrato in crisi. Mi sono allora riproposto di cercare di dare un’altra vita alle tecniche analogiche e questo è il risultato.
Ci pensiamo noi al pranzo, vi facciamo assaggiare i fusilli agli scialatielli, fusilli fatti a mano ma con l’impasto degli scialatielli. Però intanto un poco di musica per scaldare la sala”.
Ed è così che Lorenzo prende la tammorra (per chi non lo sapesse è un grande tamburo napoletano con la membrana in pelle) e si lancia in una tamurriata, mentre Mariana inizia a ballare.
Si sono conosciuti in questo modo, e non si sono più lasciati. Il destino li ha portati a Ciciliano e hanno aperto questo locale praticamente durante il COVID. Ma sono persone accoglienti e sorprendenti.
Arriva prima un antipasto con del pane fritto e del vino bianco argentino, e poi questa delizia di un fusillone lungo con un sugo di carne. Ma torniamo un momento a raccontare cosa ha di particolare l’impasto degli scialatielli, che sono il piatto tipico della costiera amalfitana.
La storia degli scialatielli è abbastanza recente e sono stati inventati nel 1978 da Enrico Cosentino che ha impastato semola di grano duro con un uovo, il pecorino (o il parmigiano) il latte e un po’ di olio EVO.
In pochi anni sono diventati un emblema di Napoli e la loro delicatezza è una sorpresa per il palato.
Ci salutiamo con una promessa, se organizzano delle cene libanesi grazie all’aiuto dei monaci e di altri abitanti di Ciciliano di origini libanesi torno sicuramente. E se poi c’è anche un concerto d’organo di Francesco de Luca, allora mi avranno totalmente conquistata!
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