Ad ogni festa la scelta più difficile è la combinazione fra il dolce e il giusto vino capace di esaltarne il gusto. Quante volte il nostro palato è stato rovinato da un vino secco che trasformava i sapori rendendo tutto aspro?
Per accompagnare il panettone di Natale serve un vino dolce e la scelta in Italia è molto vasta, ma ci sono delle particolarità che meritano di essere conosciute ed apprezzate non solo per la qualità del vino ma per la tradizione che raccontano.
Questa è la storia del Moscato Passito di Saracena, un paesino della Calabria fra il Mar Ionio vicino la Piana di Sibari e le montagne del Pollino, e di alcuni vitigni autoctoni che crescono sfruttando la sinergia fra mare e montagna.
Questa posizione crea un microclima particolare con giornate calde e notti fresche anche in estate fresche per cui i vini riescono ad avere una bella freschezza e una buona acidità.
Questo vino dolce è realizzato secondo una tradizione unica non solo della Calabria ma di tutta Italia, e infatti è stato selezionato come Presidio Slow Food per la tecnica di vinificazione unica e la qualità di un prodotto che era quasi scomparso. Per raccontare la sua storia, questo era il vino preferito da Pio IV nel Cinquecento.
Il Moscato Passito di Saracena che abbiamo degustato è prodotto con metodo biologico dalle Cantine Viola, a 350 metri di altezza.
Ed è proprio a Luigi Viola, padre dei fratelli che oggi conducono l’azienda, che si deve la riscoperta e la valorizzazione di questa antica tradizione di Saracena dove il vino viene prodotto da uve provenienti da 4 vitigni e con una lavorazione unica nel suo genere che può essere divisa in 3 fasi.
Luigi era un maestro e non riusciva a sopportare l’idea che questo vino prodotto con un procedimento così complesso, rischiasse di scomparire per sempre. Per questo intorno all’anno 2000 ha deciso di piantare i vitigni e di recuperare il sapere locale.
Il suo lavoro metodico e il particolare gusto unico di questo vino Moscato Passito hanno generato una attenzione positiva che ha portato altri produttori a recuperare il sapere e oggi questa area sta diventando DOP anche a livello europeo.
Ma veniamo al particolare metodo di produzione del vino che può essere diviso in tre fasi che corrispondono alla raccolta delle uve dai 4 vitigni selezionati e ad una seconda fermentazione.
I vitigni sono la Guarnaccia al 50 % e Malvasia al 50 %, con le quali si produce il mosto, poi uve aromatiche di Moscatello di Saracena e di Addoroca, quest’ultimo in piccole percentuali.
La prima fase inizia a fine agosto quando viene raccolta l’uva del Moscatello di Saracena (un vitigno autoctono) e l’Odoacra o Adduroca (che significa odorosa, profumata in dialetto). Le uve vengono colte leggermente oltre la maturazione sulla pianta e i grappoli vengono poi appesi in una cantina arieggiata con gancetti di ferro, il cosiddetto metodo dell’impiccagione.
Nell’arco di una settimana i grappoli appassiscono e restano in questo modo per quasi un mese.
La seconda fase inizia nella prima decade di ottobre con la raccolta delle altre due uve a bacca bianche: la Guarnaccia (ancora un vitigno autoctono di Saracena) e la Malvasia Bianca.
Il loro mosto viene fatto bollire a fiamma diretta (mosco cotto) ed in questo modo si concentra l’alcol, si eleva il tenore zuccherino e aumenta la resistenza all’ossidazione per cui non serve aggiungere solfiti.
A questo punto il mosto viene messo in vasche di acciaio e si lascia raffreddare naturalmente.
Nella terza fase, infine, le donne selezionano i singoli chicchi dei grappoli passiti levando quelli che si sono inaciditi. Il restante lo schiacciano con le mani per evitare di rompere i vinaccioli secondo un ‘saper fare’ che per secoli si tramandava a Saracena e che rischiava di andare perduto.
L’uva passita viene quindi finalmente messa nel mosto concentrato e da inizio ad una nuova fermentazione lenta con i lieviti indigeni dell’uva per un paio di mesi.
Le uve passite permettono di profumare il mosto cotto concentrato restando per circa 6 mesi. Vengono ceduti i profumi e poi avviene il filtro e un nuovo affinamento in acciaio per 12 mesi e in bottiglia per 1 anno.
Grazie a questo complesso metodo di produzione, il Moscato Passito di Saracena ha profumi unici ed una spalla acida importante che equilibria il dolce e si abbina bene ai panettoni e alla pasticceria secca. Ma anche a formaggi stagionati o erborinati.
Abbiamo partecipato ad una degustazione organizzata dalla FIS, Federazione Italiana Sommelier dove il grande Luciano Mallozzi ci ha introdotto a tutte le sfumature dei sapori del Moscato Passito di Saracena.
L’abbinamento perfetto per la degustazione è stato quello con il panettone classico di Dolcemascolo di Frosinone, considerato dalla critica uno dei panettoni più buoni d’Italia e Matteo Dolcemascolo è il migliore pasticcere giovane d’Italia.
Sensazioni odorose particolari di frutta disidratata e secca con note resinose, di zagara, camomilla, miele di tarassaco, nota della macchia mediterranea, note iodate, di dattero e una speziatura delicata con sentori di cannella e cardamomo. Questa è una parte del tripudio di sensazioni che ci ha donato questo vino e che ha lasciato una piacevole persistenza.
I profumi del Moscato Passito di Saracena si sono fusi con quelli del panettone accompagnando la piacevolezza dell’assaggio, e il colore ambra-mogano con nota ramata ci ha riportato al calore e ai colori delle feste.
Un vino che merita di essere assaggiato e una storia unica che merita di essere raccontata per scoprire sempre di più quanto sono belli i nostri territori e quanti viaggi possiamo fare alla loro scoperta.
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