Tempo di cavolfiori! E quando l’orto inizia a produrli si viene invasi da questa gustosissima verdura, anche se il profumo dell’acqua in cui si bolliscono pervade la casa per giorni.
Ma l’orto ne produce così tanti tutti insieme che servono nuove ricette per poter continuare a gustarli con gioia. E’ vero che è una pianta così bella che veniva usata anche per adornare i giardini reali che in inverno non avevano tanti fiori da poter esporre.
Si può mangiare anche crudo, soprattutto in nord Europa, ma noi a Roma lo preferiamo cotto. Oggi prepariamo una ricetta che prende spunto dalla cucina del Medio Oriente e dalla sua passione per lo yogurt. Gli arabi lo metterebbero ovunque e la vera sorpresa è gustarlo con la carne, anche se oggi restiamo vegetariani e lo usiamo in modo originale con le verdure.
Ricetta della crema di cavolfiore con curcuma e yogurt
Prepariamo una crema di cavolfiore partendo dalla pulizia del cavolo che poi divideremo in cimette.
Prendiamo un tegame e sul fondo con dell'olio mettiamo cipolla tagliata fine, aglio, salvia e rosmarino. Facciamo rosolare fino a far appassire la cipolla poi aggiungiamo la patata tagliata a cubetti e il cavolfiore.
Facciamo insaporire il tutto e aggiungiamo del brodo vegetale o dell'acqua calda, correggiamo di sale e pepe e facciamo cuocere. Quando patata e cavolo saranno cotti, aggiungiamo la curcuma e con un frullatore ad immersione riduciamo il tutto in crema. A questo punto mettiamo lo yogurt e mescoliamo delicatamente.
A parte tagliamo del pane a dadini che salteremo in una padella con aglio e olio e che lo profumiamo con della paprika affumicata.
Assembliamo il piatto mettendo la crema di cavolfiore in una fondina e aggiungendo sopra il pane.
Nel bicchiere ho scelto un Incrocio Manzoni bianco di Elisabetta Foradori, un bianco delicato leggermente aromatico che non sovrasta la delicatezza delle verdure.
Il vitigno Manzoni Bianco o Incrocio Manzoni è considerato un vino originario del Veneto anche se nasce da un incrocio tra un Riesling e un Pinot bianco fatto negli anni Trenta da Luigi Manzoni (da cui il nome), che allora era preside della Scuola Enologica di Conegliano.
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