

L’imperatore aveva costruito sull’isola una sua villa dedicata all’ozio lontano da Roma realizzando un porto e un sistema idrico. Il porto scavato in una grande colata vulcanica di tufo è un bacino artificiale ancora oggi in uso. Il sistema idrico in un’isola vulcanica senza sorgenti naturali era costituito da cisterne di raccolta delle acque piovane realizzate con grande maestria e tecnica in cui le acque si mantenevano ossigenate e in movimento per non imputridire.
Finito il periodo del domino romano, Ventotene viene abbandonata e dopo una lunga fase di decadimento tutte le isole pontine passano sotto il controllo dei Borboni che pensano ad un progetto illuminato di società. Ponza e Ventotene facevano parte dei beni personali di Elisabetta Farnese, madre del re Carlo di Borbone. I sovrani decisero di sperimentare su queste isole un sistema nuovo di struttura socio-economica partendo prima dall’isola di Ponza. Nella Prammatica Prima (il nome delle leggi del Regno Borbonico) il re offriva in enfiteusi alcuni terreni delle isole di Ponza e Ventotene.
Si iniziò da Ponza nel 1731 mentre le prime 28 famiglie di Ventotene arrivarono solo nel 1771 e ad ognuna vennero assegnati 5 ‘tommoli’ di terreno boscoso (1 tommolo corrisponde a circa 3.300 mq) da coltivare per la loro sussistenza.
Il destino di Ventotene ben presto si lega al carcere costruito nel 1795 nella vicina Isola di Santo Stefano. L’architettura del carcere era molto innovativa e rifletteva quella del teatro San Carlo di Napoli. Tutte le celle potevano essere controllate da una sola posizione, “la platea”. Questo disegno seguiva la filosofia di Jeremy Bentham, secondo il quale una persona che si sente controllata difficilmente cade ancora in tentazione.
Per un certo periodo anche le antiche cisterne romane vennero utilizzate come abitazione dei forzati che dovevano costruire il carcere di Santo Stefano.
L’assetto urbano della Ventotene Borbonica si sviluppa intorno ai palazzi del potere temporale e spirituale: il castello, un forte bastionato accessibile da una grande piazza, e la chiesa dedicata alla protettrice Santa Candida.
L’arrivo dei francesi poi l’unità d’Italia cambiano la struttura socio-economica dell’isola che per anni continuerà a ruotare attorno al carcere. In epoca moderna Ventotene diventa un’isola di confino politico e nel 1941 tre importanti confinati, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, scrivono il “Manifesto di Ventotene” che pianifica l’unione dei paesi Europei mentre nel continente è in corso il secondo conflitto mondiale.
Il destino di Ventotene è però racchiuso nella sua bellezza e viene dichiarata sia Riserva Marina che Riserva Terrestre per la varietà della vita dei suoi fondi e per essere un punto di riferimento degli uccelli durante le loro migrazioni. Oggi è un’isola turistica amata da coloro che ricercano un rapporto unico e speciale con la storia e con la natura di un mare incontaminato.
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